IL TIBET IERI E OGGI

Songtsen Gampo - re mitico del Tibet

Una statua di Songtsen Gampo - il mitico re del Tibet, veneratissimo fra la popolazione tibetana.

 

Ogni paese ha la sua storia, cosi anche le regioni del "tetto del mondo" che raccoglie le regioni tibetane nella Repubblica Popolare della Cina, popolarmente si considera il "Tibet", uno dei paesi più remoti ed affascinanti del mondo, dove ancora oggi si dice: “siamo vicini al cielo”.

 

Dalla preistoria alla prima unificazione

Rimangono poche testimonianze delle origini del Tibet, si sa però che inizialmente era popolato solamente da pastori nomadi provenienti dall'Asia centrale. La storia del Tibet come nazione inizia, secondo le opinioni degli storici, con la nascita del Re Tho-tho-ri-Nyantsen nel 173 a.C. In quel periodo la religione praticata era di tipo sciamanico, detta anche Bön-po. Il centro di questo primo regno del Tibet era la valle del Yarlung Tsangpo con la "capitale" a Tsedang.

Considerato il fondatore della nazione del Tibet è Re Songsten Gampo (608-650 d.C.). XXXIII Re della dinastia di Yarlung, decise di trasferire la capitale a Lhasa, fece costruire lo Jhokang, mandò studenti in India per imparare il sanscrito e adattarlo alla lingua tibetana. Nel 641 sposa sia la principessa cinese Wen Cheng che quella nepalese Bikhruti Devi, entrambe ferventi buddiste, che si dice "introdussero" il buddismo in Tibet.

 

Il medioevo

Sotto il regno di Trisong Detsen e con l'arrivo di Padmasambhava, il buddismo diventa religione di stato per la prima volta. Nel 770 venne fondato il monastero di Samye, uno dei primi grandi monasteri buddisti del Tibet. In seguito alla morte del re Trisong Detsen, la diffusione del buddismo cessa e la religione del Bön, ritorna a dominare la regione quale entra in un periodo d’instabilità fino al 1042. In questo periodo arriva, guidata da Atisha, il grande maestro indiano, un’onda di maestri e saggi dall'Subcontinente indiano che diffondono di nuovo il buddismo. Nel 1072 sorse il gran monastero di Sakya, sede dell’omonima setta "Sakya-pa", che ebbe in seguito un ruolo importante nella storia del Tibet.

Nel 1239 in seguito all'invasione delle truppe mongole guidate dal grande Kublai Khan il potere centrale passa da Lhasa a Sakya per quasi 400 anni e la Mongolia divenne buddista. Pose fine al dominio del Bön-po il saggio e poeta Milarepa in un mitico confronto con il capo spirituale dei Bön-po al Kailash il Tibet diventa definitivamente buddista. Nel 1391, nasce Gedun Khapa, il "primo" Dalai Lama. Nel 1624-63 Missionari Gesuiti arrivano nel Tibet occidentale. Nel 1670-1750 l'impero cinese rafforza l'influenza sul Tibet, che diventa de facto un feudo dei imperatori. Nel 1716 con l'arrivo del Gesuita Ippolito Desideri a Lhasa, hanno inizio i primi contatti con l'occidente.

 

Dal medioevo alla fine della guerra mondiale

Nel 1774 la prima missione militare britannica entra in Tibet, seguita dopo breve dall’invasione del esercito Nepalese. Le truppe nepalesi vennero fermate con l'intervento delle turppe imperiali nel 1864. Nel 1904, l'ultima "spedizione" militare del Regno Unito, guidato da Sir Younghusband, invade il Tibet arrivando quasi fino a Lhasa e costringendo il XIII Dalai Lama a fuggire in Mongolia. Preoccupato dalle attività inglesi, nel 1910 le truppe imperiali Cinese controllano la regione assicurandosi che gli inglesi non tenteranno nuovamente un inviasione su territorio considerato parte integrale dell'impero. Nel 1912 il Dalai Lama riprende ufficialmente di nuovo tutti suoi poteri a Lhasa.

L'interesse dei imperi russi e inglesi per il controllo dell'Asia centrale è al suo apice, e invitono la Cina nel 1913-14 durante la conferenza di Shimla a definire le frontiereed aree d'influsso, ma la Cina rifiutò la ratificazione che avrebbe stabilito frontiere a suo svantaggio. Nel 1933 muore il XIII Dalai Lama, e il XIV Dalai Lama, Tensing Gyatso e l'attuale Dalai Lama, fu intronizzato nel 1940 a soli 18 anni. Nel ottobre del 1949, Mao Tsedong, proclamò a Pechino la fondazione della Repubblica Popolare della Cina.

 

La liberazione pacifica del Tibet

La "nuova Cina" cerca di consolidare il potere sull'paese, che continua ad essere contrastato dai "signori della guerra" con le loro armate sparse un pò ovvunque, anche nelle regioni tibetane dove l'influsso di Lhasa è assente o poco presente. Gli intrighi a Lhasa fra le varie frazioni a favore e contrario alla modernizzazione cautamente introdotto dal XII Dalai Lama erano precondizioni per l'intervento del governo centrale a Pechino per pacificare e liberare la regione da un regime considerato feudale e medioevale dalla Cina.

Le autorità di Pechino non interferirono molto nella politica interna del Tibet, lasciando al governo di Lhasa di esercitare il suo potere nel raggio che controllava. A tutt'oggi gli studiosi e gli storici discutono in maniera controversa sugli eventi di questi anni.

 

Rivolte e incorporazione del Tibet

Dopo l'entusiasmo iniziale, molto spesso di spirito rivoluzionario, i soldati cinesi vennero visti dagli orgogliosi tibetani sempre più come oppressori, nonostante tutte le nuove modernità che giungevano sul tetto del mondo. L'élite feudale e religiosa del Tibet, ritenuti oppressioni non solo da Pechino, ma da molti storici crearono molti ostacoli dinnanzi alla modernizzazione del paese, dove l'uguaglianza dei cittadini era sconosciuta e gran parte della popolazione a tutti gli effetti era sottoposto al sistema di servitù e schiavitù. Una realtà difficilmente comprensibili per la Cina rivoluzionaria. Sopratutto nel Kham e Amdo si formò una resistenza armata, parzialmente sostenuta anche dalla CIA americana. Le tensioni aumentarono e nel marzo 1959 il XIV Dalai Lama decise di fuggire all'estero, per le voci di un imminente golpe cinese. Nei tempi della "guerra fredda" fra occidente e il nuovo blocco dei paesi comunisti, servizi segreti ed iniziative sovversive per destabilizzare i nuovi paesi comunisti erano mezzi considerati legittimi. Non sorprende che, si formò una resistenza armata, sostenuta sopratutto dalla CIA americana.

Una piccola carovana di collaboratori ed esercito tibetano lasciò Lhasa per raggiungere il Natu La ed entrare nell'allora regno del Sikkim. In seguito molti aristocratici e monaci seguirono l'esempio del Dalai Lama e fuggirono oltre l'Himalaya verso il Nepal e l'India ed alcuni anche nel Bhutan. L'élite tibetana, che senz'altro sfruttava la popolazione da centinaia di anni aveva sicuramente ogni ragione di temere i comunisti cinesi. Ciononostante il governo cinese tentò di convincere il Dalai Lama a tornare, infatti solamente 1964 la Cina dichiara formalmente il Tibet parte integrante della Cina e quindi "Provincia Autonoma del Tibet" e le aree limitrofe furono incorporate nelle province del Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan.

La schiavitù e le servitù furono ufficialmente abolitie e prese come esempio della repressione dello stato tibetano prima della "liberazione". Il Dalai Lama non tornò più in Tibet. La situazione della comunità in esilio, i vari appelli, conferenze e incontri segreti, non hanno influenzato i governi della Cina nel loro impegno di cementare la supremazia sul Tibet.

 

Incorporazione ufficiale del Tibet nella Cina

Ciononostante il governo centrale di Pechino tentò di convincere il Dalai Lama a tornare indietro. Infatti attenne fino al 1964, quando fu chiaro che il Dalai Lama non tornasse e solo allora la Cina dichiara formalmente le regioni tibetane parte integrante della Repubblica Popolare della Cina. Solo allora vennero aboliti ufficialmente ogni forma di schiavitù e servitù nella nuova Regione Autonoma del Tibet e le aree limitrofe che furono incorporate nelle province del Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan.

 

La rivoluzione culturale

A metà degli anni sessanta iniziò un periodo molto difficile per la nuova Cina con la cosi detta rivoluzione culturale che durò fino al 1976. Milioni di giovano cinesi e migliaia di giovani tibetani, affascinati dalla rivoluzione culturale iniziarono a condannare ogni forma "reazionarismo" sia d'opinione che culturale, distruggendo centinaia di migliaia di tesori culturali, templi e simboli della storia cinese. Questo portò, tragicamente anche alla distruzione di moltissimi monasteri e templi in tutta la Cina e anche sul tetto del mondo, dove in gran parte furono eseguite le distruzioni da giovani tibetani appartenente alle guardie rosse.

 

Riforme di Deng Xiao Ping e l'apertura della cina

A metà degli anni ottanta il governo centrale, dopo la morte di Mao Tse Tung e la sconfitta della "banda dei quattro" cambia radicalmente politica e dichiara la rivoluzione culturale come "errore" e liberalizza l'economia e la vita religiosa. La Cina si apre al turismo e i primi turisti stranieri poterono entrare nella regione nel 1986. Con il boom economico che si faceva sentire e con l'introduzione delle nuove politiche dopo Deng Xiao Ping anche le idee circolarono più facilmente. E fu cosi che dopo decenni i tibetani godevano di una libertà religiosa concesso da Pechino a tutti cittadini.

La liberazione del Tibet ha portato indubbiamente un grande sviluppo economico e sociale, ha migliorato infrastrutture, l'assistenza medica ed ospedaliera. Ma come per molte minoranze etniche nel mondo, la convivenza con la maggioranza della nazione è sempre un tema delicato. Il Tibet, oggi parte integrale della Repubblica Popolare della Cina, ha fatto passi giganti in molti settori, come del resto tutta la Cina e ci si auspica che il Tibet abbia il ruolo che merita nel futuro.

 

Non solo una versione

Indubbiamente, come per molte minoranze, alcuni tibetani non sono d'accordo a rimanere parte della Cina. La questione estremamente complessa e da entrambi le parte non assente di ambiguità, accuse e controaccuse, che ad oggi ha diviso non solo il popolo tibetano e cinese, ma un po ovunque nel mondo le posizioni ed opinioni sono contrastanti. Non è qui il luogo per discutere tematiche cosi controverse. Sicuramente il Tibet ha, paragonandolo con il vicino Nepal, Pakistan e India fatto enormi passi economici e sociali. Dispone di servizi che solo una grande nazione poteva dare al paese, che da solo non sarebbe stato capace di trasformarsi nei tempi in quello che è oggi, ma nel contempo non si vive solo di economia e soldi.